TRUTH
Che la critica cinematografica ( o la critica tout court ) stia sparendo a causa di una semplificazione ad oltranza , pur di venire illusoriamente incontro a fasce sempre più larghe di pubblico ( complice magari qualche imbonimento commerciale ) è ormai un dato di fatto . Ai professionisti della materia si sono in genere sostituiti giornalisti non specializzati che approcciano il prodotto senza inquadrarlo all’interno del mezzo espressivo d’appartenenza , limitandosi al riassunto del tema in questione , spesso con notazioni marginali di impronta cronachistica . E’ la cultura dell’evasione e se ne prende atto , salvo poi deplorare la disaffezione di plateee sempre meno avvertite , che se ne fregano comunque del poco o tanto autorevole pensiero altrui , e consumano con lo stesso spirito con cui intaccano i mastelloni di pop corn .
E qui si innesca il paradosso ossessivo dei giudizi sintetici espressi poi in stelle , palle , asterischi , gerarchie classificatorie che , pur nella massima soggettività di chi comunque recensisce , dovrebbero basarsi sul confronto implicito fra realizzazioni eterogenee , accomunate proprio da uno specifico cinematografico viceversa sempre più trascurato . Allora , come paragonare temi , generi , tempi , modi , realizzazioni se la Storia e la teoria del mezzo vengono ignorate ? Nel caso di Truth si è particolarmente fortunati , perchè il titolo viene programmato quasi in contemporanea con Spotlight , offrendo su un automatico piatto d’argento gli elementi delle analogie e delle differenze : stessa matrice classicamente anglofona inerente il giornalismo d’inchiesta (.. Sindrome cinese , Diritto di cronaca , Insider , Good night and good luck , Zodiac… ) ; copioni entrambi adattati da testimonianze editoriali precedenti ; retrodatazione delle investigazioni ; contrasto fra l’ufficialità menzognera dei poteri forti e le verità nascoste da scovare e provare , con frotte di testimoni ambigui o reticenti ; progressione incalzante delle storie , equamente divise fra le casistiche della ricerca e i fatti privati dei ricercatori …fino al simmetrico vezzo di impiegare rispettivamente lo stesso Robert Redford di Tutti gli uomini del presidente e lo stesso Michael Keaton di Cronisti d’assalto .
Solo che il soggetto di Truth è tanto ostico e intricato ( il fasullo arruolamento di George W. Bush nella Guardia Nazionale Aerea per scampare alla guerra in Vietnam , con le conseguenti dimissioni di un celebre anchorman -Dan Rather e della sua coadiuvatrice -Mary Mapes ) quanto quello di Spotlight è chiaro e semplice ( il dilagare della pedofilia in una Chiesa cattolica gerarchicamente complice ) . Nel primo si rischia spesso di perdersi , le analisi tecniche sono dubbie , le buone intenzioni non bastano , anzi vengono punite ; Bush è eletto presidente per la seconda volta , e il pubblico ride al suo apparire in alcuni spezzoni d’epoca . Mentre nel secondo tutto è consequenzialmente inanellato , la verità trionfa , apre anzi la pista a processi e risarcimenti in due continenti . Il delicato e morboso argomento di natura moral scandalistica stinge favorevolmente sull’intero film , qualificandolo oltre i suoi meriti – Oscar 2016 – secondo un ormai consueto interscambio ricattatorio fra contenuto e contenitore . Invece entrambi si equivalgono per classicissima , aurea medietà nei pregi e nei difetti , con piccole differenze : più lussuosamente magniloquente e hollywoodiano il primo , altrettanto retoricamente sobrio e pauperistico il secondo , con punti di vista registici analogamente frontali , animati da un andamento quasi thrilling intorno all’intenzione anche didattico esplicativa sui cambiamenti dell’informazione . Altrettanto simili gli accenni retropsicologici , a cercare di illustrare molto sommariamente le ossessioni dei diversi protagonisti con riassuntini freudiani un po’ d’accatto ( e forse più goffi in Truth ) .
Nei due casi , la tradizione rivisitata con una diligenza professionale che punta su schematismi immediatamente riconoscibili , e che premia la sobrietà dell’artigianato rispetto alle irregolarità dell’ispirazione artistica . Non poco di questi tempi , con una curiosa inversione dell’apprezzamento : durante la proiezione , le preferenze vanno a Truth perchè maggiormente mosso , quasi in odore di spy story ; dopo l’uscita Spotligh appare invece meno artefatto . In realtà l’utilizzo del mezzo e dei suoi ingredienti è omogeneo , anche se il regista Vanderbilt appare più vecchio della sua età e il regista McCarty più giovane . Nel senso che Spotligh non richiama brividi retrospettivi e sembra adattarsi meglio ad un pubblico abituato alle recenti scuole di scrittura . Mentre Truth , già dalla prima inquadratura iconica del pelo rossiccio di Redford evoca altri echi , nostalgici o compassionevoli , richiamando altresì un’America più politicamente connotata , adatta a memorie già stagionate .
TRUTH di James Vanderbilt , USA Australia 2015 , durata 121 minuti