RONDO’ INGLESE
Edward St. Aubyn è un soggetto particolare , appartiene cioè agli scrittori che non solo sanno scrivere , ma sanno e basta . Nel senso che , dal loro indubbio mestiere , traspare un tipo luminoso di intelligenza ( intesa come etimo latino di collegare ) che dispone non solo di cultura , occhi laterali , fiuto esercitato ed orecchio assoluto , ma di un talento del mondo che consente loro di reinventare artisticamente tutti gli elementi di loro diretta conoscenza , componendo sistemi arbitrari che poi si ingegnano di scomporre fino al collasso . Si passa così dall’alta qualità drammatica de I Melroses e di Lieto fine ( romanzi cupi centrati sullo sforzo di vivere e di morire all’interno del tentativo vano di decifrare il caso o il destino ) all’ acuta e ariosa satira di quella fiera delle vanità che sono i premi letterari , con tanto di inconsapevoli maggiordomi del nulla a celebrare i fasti dell’effimero .
Che l’autore ne sappia qualche cosa per esperienza personale è mera biografia , essendo stato tra i finalisti del Guardian Fiction Prize 1998 , del Man Booker Prize 2006 , e avendo vinto nel 2007 sia il Prix Femina Etranger che il South Bank Sky Arts . Qui consegna al lettore – il vero premiato – l’Elysian 2013 , sovvenzionato da una mortifera industria chimica , e ne percorre i risvolti politici , artistici , mondani ed umani dall’insediamento del presidente e dei giurati fino all’ambitissima designazione del vincitore . Inutile sottolineare che già la scelta dei personaggi , dei loro tic e delle loro ossessioni costituisce di per sè un elemento di grazia : l’autore non si accontenta degli ammodernamenti sartoriali del talento dickensiano , bensì li impasta con un largo e preciso giudizio sulla società contemporanea , riversandolo nei rivoli di contesti e situazioni che hanno il valore sia di una testimonianza che di un paradigma . Come se non bastasse , ritaglia in festoni , con forbici acuminate , le sua figurine di carta , per metà caratteri da commedia e per metà veri e anche sofferenti individui , e li fa interagire in un girotondo di sorprese , mantenendo in continua tensione l’ironica suspense degli equivoci . Ma la grande intuizione complementare alla puntualità dei dialoghi e degli intrecci è rappresentata dai frammenti sparsi dei vari romanzi , serissimi e perciò irresistibili , che rifanno il verso ai generi in voga : il trash malandrino , lo storico simil shakespeariano , il giallo scolastico , l’autobiografico soporifero , il culinario esotico , fino alla nouvelle philosophie e alla aristocrazia indiana .
Non siamo tuttavia dalle parti delle arguzie di un Patrick Dennis con il suo personaggio di Zia Mame ( tanto per citare un esempio di letteratura esilarante di successo ) perchè in Senza Parole tutto è ponderato , sofisticato , spesso profondo e perciò tragicamente ridicolo , anche se maneggiato con l’impassibilità aristocratica di una doppia buona educazione : quella del censo e quella dell’arte , che ben più beffardamente prendono il posto di ogni eventuale rivalsa personale . Non c’è – o è ben nascosto – l’impulso goliardico della parodia che normalmente ha la vita breve dell’occasionalità , bensì trionfa il desiderio sarcastico di denunciare il tramonto di un’intera civiltà , con i tanti effetti collaterali che toccano anche l’ambito letterario .
Divertissement trascinante e presa di coscienza , Senza parole declina la sua cifra a partire dal titolo , che imbeve nell’assurdo realistico sia il senso dello scrivere che quello del leggere , all’interno della solita trinità umana – sesso , potere , denaro – blasonata di vanità , ignoranze e interessi meschini fino all’ingenuità : la verve che lo connota e lo permea non è solo osservazione e vis comica raffinata , ma anche invenzione sottile e partitura musicale con i righi , le incollature , le note , gli strumenti e i tempi tutti giusti . Meglio consigliarlo e non andare oltre sia perchè lo humour non si può nè spiegare nè descrivere , sia per non guastarne le tante sorprese . Si astengano però coloro che hanno apprezzato Expo 58 di Jonathan Coe .
Il libro
SENZA PAROLE di Edward St. Aubyn , Neri Pozza 2014 , 207 pagine , 16 euro
L’autore
Edward St. Aubyn – 1960 – inglese di madre americana , cresce tra la Francia e l’Inghilterra , dove frequenta il Westminster College e poi il Keble College a Oxford . Le sue esperienze famigliari , psicanalitiche e di droga sono raccontate nella saga de I Melroses , composta di vari romanzi . Ha due figli e vive a Londra
La citazione
“Quando si trattava di guidare un gruppo di persone , Malcom privilegiava un approccio di tipo collegiale : dimostrare spirito di squadra era il modo migliore per fare in realtà quello che si voleva . Il punto era costruire una base di consenso e imporre una visione comune del tipo di Gran Bretagna che intendevano proporre al mondo esterno , per il tramite del premio : ricca di varietà , multiculturale,decentrata e , ovviamente , pronta a incoraggiare i giovani scrittori . Dopo tutto , i giovani scrittori rappresentavano il futuro , o meglio , l’avrebbero rappresentato se fossero esistiti e se ci fosse stato qualcuno disposto a pubblicarli . Parlare di futuro era il modo migliore per mettersi al riparo . Per quanto il termine futuro potesse essere intriso di pessimismo , il pessimismo stesso….rimaneva perfetto , incontaminato da quella qualità molto più insidiosa che ha il nome di delusione”.
Le connessioni arbitrarie (e virtuose)
Per gli inserti letterari satirici : Visti da lontano e 44 falsi di Michele Serra ; Diario minimo di Umberto Eco
Per la tipologia di humour : Il professore va al congresso di David Lodge