NOMI E COGNOMI
Perchè bisognerebbe andare a vedere Il nome del figlio , trasposizione italiana di Cena fra amici – commedia francese , prima teatrale e poi cinematografica – uscito nelle sale appena due stagioni fa ? http://www.giudiziouniversale.it/articolo/film/limportanza-di-chiamarsi . Come se non fossero già sufficienti i maldestri rifacimenti di Giù al nord ? La risposta varia da individuo a individuo : perchè lo si ignora , oppure non si è visto l’altro film , oppure ancora in quanto curiosi di capire le ragioni e gli eventuali distinguo di un’operazione del genere , che vede Francesca Archibugi alla regia , Francesco Piccolo alla co-sceneggiatura , e molti compatrioti di vasta notorietà tra gli attori ( Alessandro Gassman , Valeria Golino , Micaela Ramazzotti , Luigi Lo Cascio , Rocco Papaleo ) .
Diciamo che , al di là delle ovvie ragioni economiche fondate sulle certezze di una pièce originale e ben rodata , la versione nostrana si sforza innanzitutto di articolare i personaggi secondo il palato di un pubblico più aduso all’amatriciana che non al foie gras ; e che , attraverso questi , ridisegna un contesto meno radical chic , trasformando una gauche acculturata nella consueta , sommaria contrapposizione fra destra e sinistra ; infine che , in un rigurgito di affrancamento , si fa trascorrere il testo da un luogo chiuso di impronta dichiaratamente teatrale verso un luogo aperto di natura più confidenzialmente cinematografica , con un gioco di flashback tra il presente e il passato che enfatizza molto il lato “telefono casa”. Il che allontana la cifra originale della pellicola , accostandola ad un genere più assimilabile a Compagni di scuola di Verdone – 1988 .
La storia è nota : in un appartamento bon ton – scapigliato , una cinquantenne che di cognome fa evocativamente Pontecorvo (sposata con un professore universitario amico d’infanzia ) attende insieme ai due figli piccoli l’arrivo a cena del fratello – sempre ovviamente Pontecorvo – della di lui moglie incinta ( burina televisiva ma” sensibbile” e pure scrittrice autobiografica ) , nonchè di un ermetico musicista , già addetto alle colonne sonore della loro comune giovinezza . Fra battute quotidiane , confidenze antiche e attuali , piccoli dettagli necessari ad un minimo di inquadramento della situazione , deflagra improvvisamente la classica domanda sul nome del nascituro , con inopportuna risposta causa l’alone nefastamente rievocativo , addirittura blasfemo per la sensibilità dell’ illustre ceppo ebraico . Da cui una serie di risentimenti , di accuse e di contro accuse che portano a quegli imbarazzanti momenti della verità in cui tutti rischiano di azzopparsi , magari cancellando decenni di consuetudini..
Schiacciato sul testo pregresso , il film scema in perfidia e guadagna in simpatica affettuosità , pur mantenendo abbastanza vivi tutti i passaggi , gli snodi e i tempi comici dell’originale . Ne sortisce un effetto da commedia all’italiana rammodernata , evocativa di altri tempi perfino nella colonna sonora , ma comunque sufficientemente agile e gradevole . Le differenziazioni rimangono cesellate negli angoli : l’anticipo del bluff sul nome , l’alloggio labirintico su vari piani con tanto di tana per i figli , che è una delle alzate d’ingegno della scenografia ; l’elicotterino con telecamera dei bambini che svolazza molesto riprendendo le scene degli adulti , sia per avvalorare la distanza filmica dalle assi del teatro , sia per fornire in filigrana la cartolina tecnologica del com’erano e del come sono diventati .
L’atmosfera accogliente e l’impronta femminile della regia mettono la sordina alle goffaggini dei tuffi all’indietro , pensati sia per ispessire e motivare dei caratteri individualmente piuttosto schematici , sia per offrire un retroterra al momento presente , con qualche lungaggine e ingenuità , spingendosi addirittura fino al parto in diretta dell’oltremodo Nominato . Mentre gli attori oscillano tra momenti di grazia e visibili incertezze televisive : ma , appunto , sono di casa – nostra – anche loro . Insomma , tutta una comunità partecipe tra platea e schermo , scambi di simpatie e di risate , e il rigurgito della domanda iniziale , con il sospetto che , in un mondo vieppiù internazionalizzato , per noi vadano comunque sempre meglio gli spaghetti . Invece , si sappia : in quanto adulti consapevoli gustiamo volentieri di tutto , abbiamo preferito il film francese , rimpiangiamo la Francesca Archibugi dell’indimenticato Questione di cuore .
IL NOME DEL FIGLIO di Francesca Archibugi , Italia 2015 , durata 94 minuti