MICHELE FERRERO
Michele Ferrero non era un uomo semplice ; semplicemente aveva capito di non essere adatto ai salotti buoni . Se ne stava quindi appartato in quell’angolo di mondo dove lo conoscevano come il signor Michele , e intanto guardava le carte geografiche dei continenti , senza trascurare il più modesto dei supermercati . Come tutte le persone dal successo non effimero , custodiva pochi segreti palesi : un’ inflessibile e totalizzante ossessione per i suoi prodotti , una naturale affinità identitaria con i suoi consumatori , un’ immaginazione teatrale innestata sulle prudenze di un solido realismo .
Come uno scoiattolo con le sue nocciole , faceva continue scorte mentali strologando di trasformare le materie prime in qualche cosa di esclusivo ma accessibile a chiunque . Si ispirava alla pasticceria tradizionale e la reinventava serialmente , puntando su un’aura festosa da perenne desco della domenica , destagionalizzando tutto , compreso l’impossibile uovo di Pasqua . Il conforto dell’istinto suppliva mirabilmente all’assenza di una strumentazione manageriale codificata , avendo capito prestissimo , come Ford , di dover puntare sull’eccellenza di poche proposte , ma suffragate da grandissimi numeri , sempre religiosamente devoto alle economie di scala .
Governava quasi inspiegabilmente tutto il ciclo del prodotto , dalla ricettazione alla industrializzazione alla commercializzazione , avendo sempre cura di utilizzare macchinari appositamente concepiti , così da opporre alla concorrenza una barriera di inaccessibilità anche tecnologica . Come una massaia , scrutava e fiutava gli ingredienti , analizzava i tempi e le grammature , era capace di aggiustare per anni la perfetta riproducibilità di un manufatto , e poi , alla fine , lo cedeva al mondo sicuro e vestito di tutto punto , sia in termini di packaging che sotto il profilo pubblicitario : lui era – nel suo privilegiato fotoromanzo retrò – sia Ambrogio che la Signora in giallo , così come il coccodrillo delle sorprese o la mamma Kinder convinta di diluire virtuosamente nel latte la tentazione del cioccolato ; e canticchiava i jingle .
Gli piacevano le cose morbide , grasse , dolci , insomma altamente caloriche , da consegnare in assoluta freschezza , secondo il principio dei lattai domiciliari di una volta . Nei laboratori lussemburghesi , dedicati principalmente all’innovazione , il rito settimanale dell’assaggio era sempre prioritario e indifferibile . Nonostante fossi lì come consulente di una riorganizzazione internazionale assolutamente non necessaria ( sarebbe stato come imporre a Muti i criteri gestionali di una direzione d’orchestra ) venivo invariabilmente obbligata a presenziare al rito .
La ragione era inappropriata e candida : sentendolo parlare per la prima volta , mi ero resa conto che pensava a fumetti . Si trattava di provare , mai accaduto prima , due praline salate . Buonissime . Ma bisognava esprimere un parere su due possibili opzioni , una pallina dimensionalmente più grossa ed un’altra più piccola . La prima era virtualmente destinata alla signora Maria , casalinga bonaria di mezza età , mentre la seconda sarebbe dovuta piacere alla signorina Luisa , segretaria giovane e sofisticata . Insisteva però che gli esplicitassimo i criteri sottesi alle due differenti designazioni . Mentre il silenzio aumentava , da disgraziata risposi senza alzare la mano ( si era una dozzina , come gli apostoli) : il diametro delle due palline è direttamente proporzionale al diametro del culo- sì , culo – delle due clienti . Allora lo vedo battere la manaccia sul tavolo , in una delle sue rare risate , e dire in piemontese : l’è prope parei , tota , a l’è semper al cul ca fa la diferensa *. Arruolata per tutte le degustazioni a venire .
Di quei due anni di abbuffate di dolci di ogni tipo e forma , nonchè di produzione sfrenata di altrettanti piani aziendali , mi sono rimaste due certezze e una domanda : non gusterò mai più lo snack salato nè grosso nè piccolo , ma ho vissuto un’avventura industriale affascinante come un grande romanzo . Invece , dopo di lei , che ne sarà della sua creatura e della anche nostra quotidiana Ferrero , signor Michele ?
* è proprio così , signorina , è sempre il culo che fa la differenza