LONDON BOULEVARD
Secondo voi, che cosa fanno nella stessa pellicola Colin Farrel e Keyra Knightley? La risposta è ovvia, ma non siamo dalle parti di Notting Hill (1999) in cui un giovane nessuno entrava nelle grazie della grande attrice assediata dalla sua stessa popolarità e braccata dai fotografi. L’accoppiata di ruoli è la stessa, ma qui passa un’ora prima che lei dica a lui, con una smorfietta Chanel ”Che cosa saresti disposto a fare per me?” e che lui, con un’aria da caciocavallo, risponda “Tutto”. Perchè là l’amore era centrale e da commedia per bene, mentre questo è un noir per malissimo, in cui la giovane bellezza androgina è non solo marginale, ma dà anche il peggio di sè in pallidumi e boccucce.
Però facciamo un passo indietro: Colin Farrell esce irrobustito nel fisico e nel morale da quel luogo di redenzione che è il carcere, dove è finito tre anni prima per rissa e lesioni aggravate. Che frequenti male non c’è dubbio, basta vedere il figuro che lo viene a prendere e che subito gli propone di tornare a delinquere. Il nostro resiste, ma tant’è, non si abbandona così facilmente il giro, anche perché sembra che tutti lo vogliano. In effetti è determinato, presenta bene, sa citare Rilke, requisito essenziale per la mala. Cerca di resistere, si trova pure – in un modo del tutto improbabile – un lavoro onesto, quello appunto di addetto alla sicurezza della celebre star, rinchiusa nella sua grande villa, nonché assistita da un sedicente attore che si fa di ogni possibile droga, indiscretamente delando sul passato di lei. Tutto tragico e tutto sbagliato, naturalmente.
Purtroppo nel frattempo lui – che è anche munito di una sorella sciagurata – viene suo malgrado cacciato in un pasticcio dietro l’altro, fino ad inimicarsi il boss dei boss, che sembrerebbe concupirlo addirittura carnalmente. E da aspirante San Francesco è costretto a trasformarsi in angelo vendicatore, fino al più o meno scontato seppur apparentemente casuale epilogo, ché non si può mica mirare al bene così come si punta una pistola negli occhi al primo nemico di passaggio.
Diretto dallo sceneggiatore di The departed (2006) che peraltro aveva saccheggiato -peggiorandola-la storia di Infernal affairs (2002), il film sembra essere un assemblaggio di riferimenti: da un lato, fin dal titolo e in parte per la storia, la villa, le automobili, a Viale del tramonto (1950) ; dall’altro a Notting Hill, ambientazione compresa; per certi versi, ancora, a Sogni e delitti (2007) con lo stesso Farrell: anche lì, di striscio, c’erano un’attrice, una fuga a Los Angeles e un sogno di redenzione.
Ma i rintocchi e le reminiscenze non si riferiscono tanto al tema dell’ascesa sociale – visto che il nostro si accontenterebbe di poco pur di stare tranquillo – quanto alle catene del delitto e del castigo, alla facilità del male rispetto al bene e, soprattutto, alla location londinese e al modo di filmarla. Preso a prestito, questo, da Woody Allen nei bianchi nitidi delle case e nei laccati verdi scuri della vegetazione, con quella precisione un po’ sgranata che è uno degli aspetti migliori del film. Un’ottima fotografia, anche si tutte le carte vengono puntate sul botta e risposta – anche letterale – della composita trama, dato il mestiere di provenienza del regista, qui alla sua opera prima.
Peccato però che, da sicuro cinefilo, si sia lasciato affascinare da tutte le possibili citazioni del noir, in particolare relativamente alla costruzione fisica, psicologica e verbale dei personaggi. Sì che si mastica una specie di déja vu di lunghissima elencazione, che a tratti suona vagamente parodistico, benché queste non siano le ambizioni del film che viceversa fa molto sul serio: ci riesce sotto il profilo del puro intrattenimento mentre le altre aspirazioni veleggiano e si arenano a metà strada tra l’abbondanza di ingredienti del confezionamento e l’assenza di un vero e proprio guizzo ispiratore.
Non guardando tanto per il sottile, si può assecondare di buon grado uno svago costruito a tavolino, ma si esce dalla sala con il retrogusto di una occasione sprecata. Magari pensando allo stesso Colin Farrell protagonista di In Bruges (2008), film all’apparenza più artigianale,ma di ben altra caratura inventiva.
LONDON BOULEVARD di William Bonahan , Usa Gran Bretagna 2012, durata 103 minuti