LA SECONDA SCELTA
L’allungamento della vita allarga il mercato della vecchiaia . Lo sanno bene i venditori di pannoloni deodoranti , di polveri adesive per dentiere , di apparecchi acustici dall’inesorabile fischio . L’ha scoperto di recente anche il cinema , che dedica ad un folto target pomeridiano – incentivato dall’apposito sconto – un numero crescente di pellicole , suddivise tra l’orrore di malattie temute e ancora eluse (Still Alice ) , il recupero di prurigini non sopite o mai sperimentate ( i due Marigold Hotel ) , il sentimentalismo da confronto , come nel caso di questo 45 anni . Dunque pubblico definitivamente canuto per due esemplari orsi d’argento all’ultima berlinale ( Charlotte Rampling e Tom Courtenay ) , accorso numerosissimo non solo a verificare come se la stiano cavando con il decadimento fisico due ex bellissimi coetanei , ma anche per vedere come sfidino le consuetudini di coppia , cui quasi tutti si sono piegati da tempo . Con esiti alterni , ma ormai senza rimedio .
La cornice è quella di una confortevole e vissuta casa borghese , remota in mezzo ad una campagna albionica che sembra fatta apposta per lenire la mancanza di ogni progettualità residua : i giorni cadenzati come crepuscoli sempre uguali , un po’ più chiari al mattino , un po’ più scuri la sera . L’assenza di progenie , sostituita dal classico cagnone , agevola la focalizzazione sui coniugi che leggiucchiano , passeggiano , bevono te , sbrigano le incombenze domestiche , intrattengono qualche rapporto di buon vicinato , si scambiano parole quotidiane rese comunque significanti dalla rispettosa , amorevole complicità in cui si sono rannicchiati . Dei loro trascorsi si saprebbe poco o niente ( lei suona il piano , lui deve essere stato in fabbrica ) se un’improvvisa , ostica missiva tedesca non comunicasse a Jeff il ritrovamento ibernato di una fu promessa sposa , caduta sui ghiacci svizzeri durante una vacanza di passione *.
Scatta così un duplice confronto parallelo e incrociato : lui , come in un’ attuale pubblicità del Prostamol , abbandona frequentemente il talamo notturno in cerca di ricordi relegati in soffitta ; lei scopre non solo una forma di gelosia retrospettiva , ma si chiede per la prima volta con chi abbia vissuto , e se l’essere venuta dopo non sia stato un fatale , maschile ripiego . Suddiviso in quadri diurni – lunedì , martedì.. – che sembrano voler conferire una sequenza almeno nominalistica ad un indistinto presente , il film non spia , ma s’insinua senza teatralità presso due che si interrogano : l’uomo assorto in momenti remoti probabilmente abbelliti dalla nostalgia e dall’inverificabilità di un progetto troncato , la donna in cerca di risposte sia dirette che documentali . Ma educatamente , tenendosi dentro quasi tutte le reazioni e i perchè , lungo un percorso di caute ammissioni e di un’unica , drammatica scoperta , che sembra fatta apposta per colpire un eventuale punto debole . Sino alla festa di anniversario di matrimonio – 45 anni appunto – che regala al sollievo della platea un ormai provvisorio ma rassicurante – o forse rimediato – happy end .
Come nel contemporaneo La legge del mercato , anche in questo caso la regia riprende frontalmente in diretta gli scarni accadimenti , e suggerisce degli impliciti da colmare per conto proprio , estrapolando il particolare specifico per ricondurlo all’universale comune . Solo che 45 anni non stabilisce delle gerarchie visive ed interpretative : lo spettatore partecipa in simultanea a quanto avviene in tempo reale , essendo il passato e il presente affidati quasi esclusivamente alla parola , anche se ridotta al minimo indispensabile . Il resto è un contorno rarefatto di gesti , di atmosfere , di pochi altri personaggi in sordina . L’intimità dei due anziani ( colti nel momento cruciale in cui l’imminente celebrazione di un patto lontano viene messa in discussione proprio da quella stessa lontananza ) è illustrata con accurata delicatezza , ma senza particolari trasposizioni inventive .
Un’eleganza esile e sommessa cerca di farsi parabola , quasi a sublimare fino all’indistinto la viceversa robusta corposità di un film di analogo argomento , ma ben più problematico e mosso ( Another Year , 2010) . L’invenzione drammaturgica vorrebbe giocare a scomporre la tranquillità raggiunta mediante un episodio sepolto sia fisicamente che metaforicamente , così da innestare una sorta di pathos o di suspense intorno alle eterne domande sulla veridicità , la durata , la quantità e la natura dei sentimenti all’interno di un esteso percorso condiviso . Nonchè sull’opportunità di accettare o meno i propri o altrui spazi reconditi . Ma ci riesce solo in parte ed in modo contraddittorio : la voluta , sommessa levigatezza dei toni talvolta si inceppa in qualche goffaggine narrativa perfin troppo strumentale , e l’insistita naturalezza dell’insieme è sì suffragata dall’ottima recitazione , ma in parte contraddetta da una cifra di quasi snobistica elegia che cerca di patinare e di smussare ogni problematicità esistenziale .
Tutti , in termini strettamente personali , abbiamo le nostre propensioni e le nostre idiosincrasie emotive , e questo è un film concepito e realizzato per piacere , proprio perchè trasmette la sensazione di scavare senza mai andare veramente a fondo . E che non presenta , cinematograficamente parlando , nessuna novità , bensì una certa civetteria seduttiva e consolatoria che sconfina in una semplicità quasi banale . Allo stesso modo della canzone feticcio del film , un po’ di fumo negli occhi . Ma signorile – pudicamente e retoricamente antiretorico – come un’ avvolgente nebbia inglese
45 ANNI di Andrew Haig, Gran Bretagna 2015,95 minuti