LA PAZZA GIOIA
L’ultimo film di Paolo Virzì esordisce nelle sale cinematografiche gravato aprioristicamente da alcuni svantaggi : una sopravvalutazione chiacchierata dovuta alla contemporanea presenza al festival di Cannes , e si sa che il blando patriottismo del bel paese si rinfocola partigianamente quando si tratta di palcoscenici e competizioni internazionali ; una fin troppo ammiccante allusione alla fuga di due donne in macchina , che porta all’automatico confronto con Thelma e Louise , anche se il riferimento è meramente formale e quindi a doppio taglio ; l’inevitabile accostamento alla penultima opera del regista , ossia quel Capitale umano che si avvaleva di un copione meglio organizzato , forse in virtù dell’omonimo libro di Stephen Amidon in appropriata trasposizione brianzola . Mentre qui il soggetto originale è affidato alla penna dello stesso regista e di Francesca Archibugi , che mettono in scena un film diviso in due : realistico nella prima parte , quando i personaggi sono sbozzati dall’esterno , mentre emergono più vividi gli interni della comunità terapeutica per malati psichiatrici ; meno verosimile nella seconda , quando gli incastri da road movie appaiono non tanto rocamboleschi , quanto relativamente probabili , mentre la biografia di entrambe si precisa a mano a mano , con qualche forzatura e affastellamento in esubero .
La vicenda è nota : un’aristocratica bipolare in custodia giudiziaria imperversa logorroica ed eccitata , tra fantasie mitomaniache e autentici snobismi classisti ; una borgatara coatta , smagrita nel corpo e divorata nell’anima le contrappone un rattrappito silenzio , anche se tutte e due hanno fondati motivi per evadere da se stesse e dalla comunità che le ospita . Il fatto che i personaggi siano antitetici e speculari genera una frizione che è la parte sapida del racconto , abile nell’evitare dualismi schematici grazie alle loro ingenuità complementari : la prima sorreggerà l’altra con un impavido e sperimentato savoir faire mondano , incapace però di distinguere i pericoli prosaici ; mentre la seconda , rozza e ignara del mondo , ne ha viceversa avvertitamente sperimentato le peggiori predatorietà . Alla fine , si assolveranno reciprocamente , cimentando un sodalizio nato dall’ebbrezza liberatoria di una recuperata vitalità , secondo l’azzeccato titolo a doppio senso .
Se la toscanità fotografata da Vladan Radovic è regionalmente esaltata un po’ a sproposito , in stato di grazia sono viceversa le due attrici , in particolare Valeria Bruni Tedeschi che s’incolla addosso il meglio della vicenda , dando spessore a un’eroina inconsapevole che esonda senza la minima sbavatura , sia nelle movenze che nelle espressioni , e a cui sono affidati il linguaggio e le battute più argute e originali del film . Mentre la pur brava Micaela Ramazzotti , con le sue croste e i suoi tatuaggi , è quasi obbligata fisicamente al fotoromanzo periferico , con contorni parentali non sempre intonati ( si veda la madre impersonata forzatamente da Anna Galliena , cui fa da contraltare altrettanto imposto Marisa Borini , vera genitrice della Bruni Tedeschi ) .
Film di donne mal amate che pagano anche e soprattutto per degli uomini sbagliati , La pazza gioia riesce a coniugare il dramma e la commedia con una sensibilità ed un acume a tratti profondi nei tempi e nei modi , a tratti meno , confondendo le acque tra registri intimisti , commozioni sopra o sotto le righe , autenticità psicologiche e cliniche , chiassosità rutilanti . Il racconto ogni tanto zoppica , incerto soprattutto negli snodi narrativi centrali e nell’ambientazione irrisolta . Come se il mondo fuori stesse a metà strada tra l’oggettività dei supposti sani e la soggettività disturbata delle protagoniste , mescolando le carte senza osare fino in fondo nè in un senso nè nell’altro . O come se il sentimento spesso implicito di quel bel film della Archibugi che è Questione di cuore ( anche lì una coppia di amici maschi altrettanto socialmente sbilanciati ) non sapesse innestarsi appieno sull’esuberanza sgargiante , estroflessa eppure malinconica di Virzì . Regista con dei talenti , anche se forse un po’ troppo segnato dalle aspettative di un’eredità cinematografica talvolta impropriamente definita come commedia all’italiana .
LA PAZZA GIOIA di Paolo Virzì , Italia 2016 , durata 118 minuti