FORSE SI’ ANCHE NO – 4
LA VEGETARIANA di Han Kang , Adelphi 2016 , 176 pagine , 18 euro
La trama è semplice : un giorno , una donna sposata per la sua solerte obbedienza e per la sua spontanea insignificanza fa un sogno , e improvvisamente rifiuta di mangiare carne , rifugiandosi in una sorta di progressiva fissità anoressica che la porta ad un apatico e furioso annientamento . La famiglia non comprende e si sdegna , il marito l’abbandona , mentre quello della sorella comincia a desiderare ossessivamente l’ astrazione fisica e mentale della cognata , sublimando le sue velleità d’artista in un incontro carnale mascherato da opera d’arte , o viceversa . Infine la sorella , doppiamente tradita e a sua volta resa sola dalla scomparsa del coniuge , prosegue il suo vano percorso di assistenza ospedaliera ponendosi interrogativi senza risposta . Ma la vera domanda di fondo è : che romanzo sarebbe sortito da uno scrittore occidentale , visto che i grovigli di famiglia sono più che mai materia di indagine , essendosi nel contempo tanto allargato il mondo e dispersa la società , lasciando sbilenco anche il suo primo nucleo fondante ? Allora viene in mente la Grande Onda di Hokusai , famosa anche da noi per la semplificazione irreale di un fenomeno fascinoso e terribile che i perduranti cascami del romanticismo avrebbero rappresentato con grandi contorcimenti drammaturgici . E dove invece il raffinato nitore del tratto manuale , l’istante quasi fotografico , la doppia essenza stilizzata delle onde che si confondono con i fiocchi di neve della montagna rappresentano la coscienza di una Natura che sovrasta l’uomo , indifferente al terrore delle barche che stanno per essere travolte . Una catarsi che tradisce la realtà e che proprio per questo arriva immediatamente ai sensi e al cervello , attraverso l’impossibile fissità dilatata di un unico attimo incombente , alterando il fenomeno fino a renderlo noumeno o archetipo . Così Han Kang , che ci parla asiaticamente di rapporti quotidiani resi lenti e inattingibili dal silenzio delle ragioni , accantonate attraverso la tripartizione del libro , che contempla il naufragio dei protagonisti come se una forza superiore di fusione suicida con la natura fosse non tanto la risposta , quanto il naturale epilogo . Mentre i sopravvissuti , ignoti a se stessi e inconoscibili agli altri , si perdono ugualmente nel quotidiano , e la scrittura fissa l’impassibilità e l’impossibilità di quanto non è consentito sapere , lasciando al lettore la libertà e le suggestioni di ogni possibile interpretazione , secondo un disegno che risulta tanto netto quanto misteriosamente implacabile , come dato per sempre .
AGGIORNAMENTO 10 OTTOBRE 2024:Han Kang , sudcoreana, si aggiudica il premio Nobel 2024.Bisognerà approfondire.La vegetariana è, almeno in occidente, il suo libro più noto.Sull’ingiusta base di questo solo titolo si potrebbe chiosare Anche no
DOVE LA STORIA FINISCE di Alessandro Piperno , Mondadori 2016 , 277 pagine , 20 euro
Non è che si sia animati dalle Peggiori intenzioni , anzi , avevamo gradito il giovanile esordio ironico amaro di Alessandro Piperno come una specie di attualizzazione di alcuni stilemi de Gli indifferenti moraviani , anche se le successive ambizioni de la saga dei Pontecorvo ( malgrado il premio Strega ) iniziavano a presentare nobili incertezze e rovinosi inciampi . Ma cosa trasforma un autore colto e perciò avveduto nel surrogato di un’inchiesta da magazine femminile o nel sosia raccapricciante , dato il fisico , di Camilla Baresani e delle sue Imperfezioni dell’amore ? Quando uno scrittore esistenzial comico come De Silva fa infinitamente meglio con il lieve e brillante Terapia di coppia per amanti ? La risposta non perviene chiaramente , ma diciamo che il romanzo è l’esatto opposto de La vegetariana , pur addentrandosi , ancora una volta , nelle ansie di personaggi che ruotano attorno alla famiglia allargatissima di un trafficante fallito eppure carismatico , almeno nel senso corrivo e inflazionato che si dà al termine . Ecco dunque l’inossidabile prima moglie , le altre donne e gli altri figli seminati con leggerezza adolescenziale , compreso il primo nipote fortunatamente ignaro degli ascendenti . Che s’intrecciano lungo uno scorrazzare di interrogativi tanto diffusi da suonare fasulli , incluso l’ormai obbligatorio “amore diverso” , secondo il vizio dell’interpretazione sociale inerente le cosiddette inquietudini della modernità , vanificate non solo dalla banalità omogeneizzata dei caratteri , ma anche dalla improbabilità dei dettagli e degli snodi romanzeschi . Fino ad un esito finto catartico che sembra prelevato di peso dall’ultimo , goffissimo Inferno di Ron Howard , ma con la pretesa di inserire le varie storie addirittura nella Storia . Tutto è spiattellato , verboso , maldestro , trasferito supinamente dai lacerti di un’osservazione diretta e dalla fotocopiatura di parecchi infestanti stereotipi , senza nessuna reinvenzione nè di scrittura nè di plot , eppure con la pretesa di prendersi sul serio , cosa che viceversa non fanno quelli che si dedicano ad esplicite attività commerciali attraverso la scrittura . Carenze affettive ? Invidia per chi bazzica i luoghi comuni ( in questo caso vieti ristorante di lusso con contigue caffetterie alla moda ) senza provare disagio ? Desiderio di cimentarsi in fumettoni maldestri che buttino liberatoriamente all’aria quanto appreso dalla frequentazione di Proust ? Anche qui , per ben diversi motivi , non è dato sapere .
LA GRANDE ONDA DI KANAGAWA di Katsushika Hokusai , 1829 – 1832