ELOGIO DEL TRADIMENTO
Stanchezza è la prima parola che viene in mente alla fine di questo libro . Stanchezza del lettore che percorre righe lunghe eppure a loro modo precarie come sabbia che smotta ; stanchezza dell’autore , che ancora una volta dibatte della contrapposizione fra le popolazioni medio – orientali ricorrendo ad un’interpretazione delle figure di Cristo e di Giuda secondo modalità non nuove ; stanchezza dello schema romanzesco , che dilata l’impiego della coppia (da sempre utilizzata da Oz per adombrare la metafora del conflitto arabo -giudaico ) , mettendo in scena dei paradigmatici rappresentanti di tre generazioni di ebrei , racchiusi all’interno di una vecchia casa assediata da un antico giardino dentro una Gerusalemme decrepita , cinta a sua volta dalla notte e dalla pioggia , nell’inverno tra il 1959 e il 1960 .
Siamo lontani dal percorso a ritroso del miglior libro di Oz , Conoscere una donna , così come dal respiro del deserto che perimetra l’ambientazione indimenticabile di Mai dire notte , in cui tutti i punti di vista di un assillo religioso , politico e civile vengono innestati con naturalezza su una commossa e accattivante invenzione romanzesca . Qui la configurazione per cerchi concentrici è forzata , così come lo sono le geometrie di rapporti intessute da personaggi caratterizzati rigidamente sempre dagli stessi tratti , come se la ripetizione potesse supplire alla mancanza di una originale forza autonoma .
Ecco dunque il giovane , appassionato e sensibile protagonista , le mani tozze , la barba cespugliosa , il perenne ricorso al borotalco antisudore e all’inalatore per l’asma : ha lasciato all’improvviso l’università , ma non la sua ricerca intorno alla figura di Gesù secondo la prospettiva ebraica . Nel rispondere ad una domanda d’impiego , vitto e alloggio compresi , si trova ad intrattenere per cinque ore al giorno un anzianissimo , logorroico intellettuale , custodito a sua volta da una matura bellezza che scontrosamente non crede più negli uomini , pur commuovendosi di tanto in tanto . Mentre lui cede ad una passione obbligatoria , si precisano lentamente anche i rapporti parentali tra i vivi e i defunti , ossia il padre di lei , politico visionario morto dopo l’accusa di tradimento , e il marito smembrato durante una missione sul Sinai . Intanto i dialoghi e le riflessioni scritte si incrociano , le voci scettiche e quelle utopistiche si accavallano : ” ebrei e palestinesi sono legati a questa terra perchè è l’unica che hanno : entrambi sanno che nessuno rinuncerà mai , pertanto non c’è nessuna incomprensione , si capiscono benissimo”;”..e Giuda, che intuì di aver causato con le proprie mani la morte dell’uomo che più amava e ammirava , se ne andò a impiccarsi . Così morì il primo cristiano , l’ultimo cristiano , l’unico cristiano”.
Proprio la confutazione dell’infamia di Giuda introduce però , seppur ben oltre la metà del libro , il tema che nel contesto sta più a cuore al romanziere , ossia la configurazione del tradimento come una forma di lungimiranza atta a cambiare il corso degli eventi : la calorosa freddezza di lei – che fa la detective e mette quindi a nudo i segreti altrui – tradisce occasionalmente la memoria del marito per restargli definitivamente fedele ; la patetica , chiocciante riflessione continua dell’anziano tradisce ogni speranza di futuro attraverso lo scetticismo che lo contrapponeva al politico visionario ; il politico visionario , metà Gesù perchè disposto all’amore per il nemico , e quindi metà Giuda per i suoi correligionari , è stato un padre e un marito lontano che ha tradito la famiglia ; il giovane protagonista ha abbandonato se stesso , il suo fervore rivoluzionario , i propri parenti , e ha realizzato il sogno trasgressivo dell’incesto edipico amando la vedova . Eppure proprio per questo denominatore comune , tutti , alla fine , riusciranno a volersi bene , perseguendo ognuno la propria verità .
Che l’apologo finisca nell’abbraccio di un addio non stupisce , fa parte di una messinscena teatrale tipica di un’ambientazione chiusa , in cui un romanzo a tesi si dibatte tra fantasia e oggettività senza riuscire a fondere narrativamente i piani dell’invenzione con quelli della speculazione . Sopravvive poeticamente la penombra consunta della casa , abituata a custodire il dolore e per questo tanto più adatta a segnare una contrapposizione netta tra il dentro e il fuori , il desiderio e la realtà , mentre il rischio connesso ad ogni scelta incombe negli angoli , configurandosi alla fine sotto la forma di un riscatto . Come dire che anche il non convincente o comunque forzato teorema del tradimento sembra consustanziarsi in una ben più plausibile genericità della colpa , con le sue ambiguità e i relativi , eventuali affrancamenti , producendo dinamismi e dialettiche che cambiano i percorsi dei singoli come quelli delle collettività . Senza che l’autore sappia crederci o riuscirci sino in fondo .
Il libro
GIUDA , di Amoz Oz , Feltrinelli , 2014 , 336 pagine ,18 euro
L’autore
Amos Oz – Gerusalemme ,1939 – è giornalista e docente di letteratura all’università Ben Gurion ; viene considerato un influente rappresentante della sinistra sionista , proposto dallo stesso Shimon Perez come suo possibile successore ; da tempo in odore di Nobel , è autore di una ventina di romanzi , tra cui , oltre a quelli citati ,Una storia di amore e di tenebra , dove incrocia la propria biografia familiare con un secolo di storia ebraica
La citazione
“Gli occhi non si apriranno mai . Quasi tutti gli uomini attraversano lo spazio della vita , dalla nascita alla morte , a occhi chiusi…Perchè se solo li aprissimo per un istante , ci sfuggirebbe da dentro un urlo tremendo e continueremmo a urlare senza smettere mai . Se non urliamo giorno e notte , è segno che teniamo gli occhi chiusi”
Le connessioni arbitrarie
Per la figura di Giuda : Le tre versioni di Giuda di Jorge Luis Borges , Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov , Ponzio Pilato di Roger Caillois