ANATOMIA DI UN BEST SELLER
La ragazza del treno si lascia leggere facilmente : basta seguire una parola dopo l’altra , tanto non c’è nulla da approfondire o da sottolineare , e si arriva alla fine senza soverchio divertimento ma anche senza delusione . Dunque , più del libro , è interessante cercare di decifrare il successo di un prodotto che in meno di sei mesi ha venduto oltre tre milioni di copie nelle varie traduzioni , sbalzando la sua sconosciuta artefice verso il classico colpaccio della vita . Complici magari gli editor che , un tempo silenti e innominati , oggi vengono devotamente citati per primi nei ringraziamenti , tanto da far sospettare una sorta di collaborazione sempre più prossima ad una condivisione autoriale .
Ambientato in una periferia londinese che rappresenta sia una chimera metropolitana che un monotono rifugio residenziale in cui tutti credono di conoscersi grazie alla casualità di incontri ricorrenti , il romanzo è innanzitutto il tracciato quasi stenografico di quel bovarismo di massa che porta gli individui a proiettare sull’altro e sull’altrove i propri sogni frustrati da un anonimato vissuto come mortificante . L’incessante ronzio di personalità alla deriva si scontra con l’apparenza di una realizzazione oleografica , in cui prìncipi e principesse azzurre ancorano la loro velleitaria mediocrità ad amori e famigliole da cartolina , mentre il lavoro è un disvalore molesto , una pena quotidiana che ostacola ogni anelito verso libertà lusinghiere , contraddittoriamente autonome e condivise .
Romanzo di solitudini a uno , a due , a tre fino a dilatarsi in figure geometriche a più facce o più lati , si avvale felicemente della fisicità – e della metafora – di un treno che passa e ripassa a scandire ore ed impegni sia specifici che esistenziali : luogo mobile ed immobile nella sua fissa ripetitività , nonchè occasione di raccogliersi in se stessi e nel contempo di uscirne per affacciarsi sulle case e sulle vite altrui , da provvisori pendolari della vita , disancorati stanziali senza vie d’uscita , se non quelle immaginate o malamente tentate . Perchè , se la protagonista è un’ubriacona disoccupata che ha perso il marito , in realtà anche coloro che invidia le sono simili , benchè ognuno non sia quello che sembra . La progressione dell’autocoscienza come dei fatti mescola il passato e il presente in una ridda di menzogne sia programmate che involontarie , fino a convergere e deflagrare a ritroso nel delitto che inaugura il libro , casuale , banale e sbandato come l’ambientazione , l’atmosfera e gli stessi personaggi .
La prima trovata intelligente consiste dunque nell’ancorare ad un romanzo di genere il timore di essere diversi da quanto ci raccontiamo , e nella prosaica identificazione con situazioni e protagonisti che aumentano la paura di un male inteso come un anonimo coinquilino , tanto agito quanto subito . Non è quindi l’andamento thrilling ad essere interessante , ma l’incessante memento minaccioso che chiama in causa il lettore , sfidandolo sul suo stesso piano personale e sociologico . Amplificato dal fatto che l’autore è donna e , in quanto tale , riesce a calarsi bene in quelle uguaglianze genetiche che tuttavia le differenze di genere declinano poi diversamente sia nel sociale , che nell’eterna dicotomia fra sesso e affettività .
C’è un diffuso déjà vu che rassicura ed inquieta , concepito ed offerto in base ai criteri di una confezione “gialla”, pretestuosa ma accattivante . Perchè la seconda trovata intelligente si impone mediante la struttura , lungo una convenzione diaristica a più voci , non nuova eppure abile nel descrivere gli animi e le progressioni frantumate degli incastri . Non è importante che l’ebbrezza alcolica sia persino troppo sfruttata per coprire , attraverso i diffusi vuoti di memoria , parecchie incongruenze tecniche . L’andamento risulta comunque , se non vero , almeno accettabilmente verosimile , e gli indugi come le accelerazioni offrono , a loro modo , uno spaccato di vita riconoscibile , pur attraverso gli stereotipi delle psicologie e delle formalità di un dettato tradizionale . A ciò si aggiunge una scrittura cinematografica che si snoda come una pellicola – fotogramma dopo fotogramma – sia negli affacci intimi che in quelli esterni dai finestrini del treno , al punto che Steven Spielberg pare se ne sia già accaparrato i diritti . Anche se il troppo citato La finestra sul cortile non risponde per nulla alle caratteristiche de La ragazza del treno , con cui superficialmente condivide solo la distanza , la vicinanza e le connessioni alterne fra chi guarda e chi è guardato , chi vede e chi è visto .
Con l’approssimarsi delle vacanze i libri da ombrellone canonico non sono così facile da reperire , e questo è un discreto esempio di intrattenimento che , attraverso le lusinghe del racconto sul chi , sul cosa e sul come , restituisce , semplifica e intorbida i codici della modernità urbana , grazie alla fruizione passiva non tanto della parola , quanto delle immagini ora nitide ora confuse che la parola stessa riesce ad evocare . E ce n’è abbastanza per apprezzarne gli esiti positivi , per niente scontati nonostante la diffusione degli ingredienti e della ricetta , fortunatamente inapparentabili a quelli di un altro best seller , La verità sul caso Harry Quebert : per l’edificazione di estati sovreccitate od oziose , Paula Hawkins non è Joel Dicker .
Il libro
LA RAGAZZA DEL TRENO di Paula Hawkins , Piemme 2015 , 306 pagine , 19,50 euro
L’autore
Paula Hawkins – 1972 – nasce in Zimbawe e , dopo aver frequentato la Francia e il Belgio , si trasferisce a Londra , dove vive dal 1988 . Dopo quindici anni di professione giornalistica , si dedica alla scrittura . Basato sulla sublimazione di esperienze personali , La ragazzo del treno è il suo primo romanzo .
La citazione
“Il mio viaggio a Witney è stato davvero strano.Ci sono stata alcuni giorni fa , ma era come se non ci andassi da anni . Sembrava un posto completamente estraneo : un’altra stazione in una città diversa . Anch’io non ero più la Rachel di sabato sera : ero lucida e risoluta , attenta ai rumori , alla luce e terrorizzata da quello che avrei potuto scoprire “.
Le connessioni arbitrarie ( e virtuose )
Rose , rose di Bill James : un treno per pendolari , un delitto , un’indagine a ritroso . Questo sì un capolavoro . Misconosciuto .