AMARSI MALE
Molti sostengono che autori diversissimi come Houellebecq e Nothomb siano inquietanti o addirittura disgustosi fino alla ripugnanza . Nessuno li apparenta come scrittori , eppure parecchi li accomunano sulla base del turbamento che generano per l’eccesso di intelligenza e per la capacità affilata di distruggere sadicamente quelle acquasantiere dell’onesto o medio sentire in cui , credenti o no , immergiamo variamente la mano : per esorcismo , per bisogno , per alibi , per fiducia . Al di là dell’apprezzamento come romanzieri , la loro anomalia autorevole ed estrema scuote , e tuttavia poi consente , paradossalmente , il conforto della non immedesimazione , della presa di distanza .
Leggendo Domenico Starnone ci sentiamo nella situazione contraria : Starnone è molto più disturbante proprio perchè il suo punto di vista è pacato , riconoscibile , indossabile da chiunque come la felpa della domenica da cui non ci si può separare invocando scuse fittizie . Lacci non lascia scampo perchè è la parafrasi condensata di quello che leggiamo nelle poste del cuore , oppure captiamo nei forum della rete , nei discorsi anonimi dei bar o in quelli empatici degli amici , e qualche brandello sanguinolento ci rimane sempre attaccato , anche se le nostre esperienze private sono diverse .
A partire dal titolo , si parla di un impedimento , di una prigionia , di una condanna scelta , rinnegata eppure inseguita perchè , prima o poi , così fan tutti : i lacci del titolo e della figura in copertina riguardano infatti la famiglia , ultima critica monade all’interno di una società in frantumi , che tuttavia continuiamo a costruire come castori prima della piena . Che poi inesorabilmente arriva , travolge e fa comprendere che non siamo vittime della natura matrigna , ma della nostra umanità incerta tra progetto e pentimento , illusione e disillusione , paura e incoscienza , libertà e difesa , con variabile adesione ai conseguenti concetti di responsabilità – dovere – sacrificio , sempre poco collimanti con gli egoistici aneliti dell’homo ludens .
Scandito in tre parti , il libro inizia con la rancorosa , disperata serie di lettere di una moglie al marito che l’ha lasciata sola con due figli . E inizia male , anche se si tratta di un prologo necessario , perchè nella vita può accadere di essere i protagonisti di queste situazioni , ma difficilmente ci accolliamo l’imbarazzo dello spettatore . Il fastidio è elevato e ampliato da una nota così intima da risultare impudica , che poi si placa quando il racconto passa alle ragioni speculari e divaricate dell’uomo , per trascorrere infine a quelle dei figli , un maschio e una femmina . Dunque il sempiterno nucleo affettivo , teatro di discussioni e arena di scontri che , quando cominciano , ne anticipano già l’agonia , se non la fine . Fine qui sollecitata dall’invaghimento di lui per un’altra donna , mentre i bambini crescono nell’ombra della madre , nella iniziale lontananza del padre , e infine li si ritrova all’età dei genitori , che a loro volta sono ritornati ad invecchiare insieme .
Starnone mette in scena con invidiabile acume psicologico i suoi quattro pirandelliani personaggi , facendo giustamente percorrere alle donne il sentiero della vivisezione dei sentimenti da cui gli uomini viceversa rifuggono adottando l’esilio , oppure la compiacenza formale o la sordità tombale . Potrebbe essere un exemplum , un pamphlet , un libello a più voci o un dramma teatrale da appartamento chiuso ; invece,immergendo le sue figure nelle differenti forme di amore – odio che trascolorano col passare degli anni e col mutare dei ruoli reciproci , l’autore ha una triplice intuizione , romanzescamente risolutiva . La prima consiste nel correlare esplicitamente i sentimenti con l’evoluzione socioculturale delle varie epoche , per cui amiamo e ci accoppiamo non solo come persone uniche e irripetibili , ma anche come proiezioni o multipli inconsapevoli degli umori in circolo . La seconda riguarda la struggente invenzione di alcuni episodi esterni che , catalizzando il flusso dei dialoghi e delle riflessioni , innesca l’evoluzione anche di una trama , conferendo tensione e attesa intorno allo scorrere di pensieri e di dialoghi che altrimenti rasenterebbero l’elettrocardiogramma , fino all’amarissima sorpresa finale . La terza afferisce alla puntualità anche ironica eppure densa di pietas dei tanti piccoli dettagli fisici , per cui le cose che ci accompagnano si fanno deiezioni in grado di cortocircuitare esistenzialmente tutte le parole dette e taciute .
Se guardiamo ai romanzi di questo decennio , la famiglia troneggia senza rivali , vuoi per assenza , vuoi per eccesso di presenza , insidiata sia dall’interno che dall’esterno , eppure comunque dominante nei lasciti di nefandezze come nelle intenzioni degli affetti . Con la sua prosa naturale eppure calcolatissima , fluida e intonata come un accompagnamento in sordina , Starnone si inserisce con onore fra i titoli recenti più interessanti grazie alla strutturazione nitida di una parabola dalle risonanze simmetriche e conchiuse , che ha il pregio disturbante di chiamarci soffertamente in causa come interpreti e come testimoni . Sembra una delle tante esperienze di abbandono inflitto o subito , eppure riassume concisamente soprattutto la contraddizione dello stare al mondo : continuamente desideranti , nè soli nè accompagnati , spesso mal amati o comunque in modo sempre diverso da come si vorrebbe .
Il libro
LACCI di Domenico Starnone , Einaudi 2014 , 138 Pagine , 17, 50 euro
L’autore
Domenico Starnone – Saviano ,1943 – insegnante , giornalista , autore per il cinema e la televisione , esordisce come romanziere nel 1987 con Ex cattedra , cui hanno fatto seguito numerosi altri titoli , fra cui Fare scene , Una storia di cinema ( uno dei nostri preferiti ) , Denti , Via Gemito – premio Strega 2001.
La citazione
“Innamorarsi , in quel periodo , pareva un residuo ottocentesco , segnalava una pericolosa tendenza ad agglutinarsi che , nel caso fosse insorta , andava immediatamente combattuta per non generare angoscia nel partner . Stare con un’altra , invece , assumeva sempre più una sua legittimità , sposato o no che si fosse . Io ero stato con un’altra , io stavo con un’altra , io sto con un’altra erano frasi che esprimevano una libertà , non una colpa”.
Le connessioni arbitrarie ( e virtuose)
Per l’universo familiare , un titolo per tutti : Libertà di Jonathan Franzen
Per le modalità di trattamento del tema : Parlare da soli di Andrés Neuman