AL DI LA’ DELLE MONTAGNE
E’ il capodanno del 1999 -2000 , con tutte le valenze simboliche che gli umani attribuiscono al tempo , che viceversa scorre con una propria inesorabile inerzia , indifferente alle trepidazioni individuali e collettive . I fermenti del nuovo secolo colgono tre giovani cinesi alle prese con il più letterario dei melodrammi amorosi : Tao è amica di due maschi che , come da universale copione , non si accontentano dell’amicizia . Nonostante il paese stia rapidamente cambiando , gli individui inconsapevolmente si ripetono sotto ogni cielo : lei sceglierà – senza altri apparenti motivi – quello ricco , intanto quello povero emigrerà altrove , a perpetuare il suo destino di sconfitto . Ma neanche gli altri due se la caveranno meglio durante il trentennale percorso che il regista Jia Zhang-Ke destina loro , cercando di inserire all’interno di un’omologazione occidentalizzante tutti i luoghi comuni delle generazioni che si avvicendano : la morte degli anziani , lo slancio affannoso dei giovani che poi invecchieranno a loro volta , la ribellione dei figli- nipoti , pronti ad illudersi di praticare dei diversi innesti su un albero genealogico di mere sostituzioni cicliche .
Scandito lungo tre periodi precisi , fino all’ancora futuribile 2025 , il film cerca di contaminare culture diverse che per gli spettatori europei suonano come un déjà vu , in quanto prive di quella misteriosa allusività che avvolge , ma sempre meno , il cinema asiatico . Qui tutto è fin troppo esplicito , dai caratteri schematici dei personaggi alla simmetria parallela delle loro disgraziate vicende , fino alle dislocazioni geografiche che contrappongono lo Xenyang all’Australia , mentre la musica di Go West dei Pet Shop Boys sovrasta la colonna sonora , improntata ai successi orecchiabili del pop cantonese . Che puntualmente si presenta a sottolineare i momenti salienti di una telenovela in salsa agrodolce per papille consumisticamente omologate , con l’aggiunta pretestuosità di un leitmotiv della memoria , non esente da incestuose venature freudiane .
Ambizioso e scontato come una saga familiare di ormai comune matrice televisiva , il film fonda le sue pretese autoriali non certo sull’introspezione nè sulla nemesi che sempre comunque smentisce sia coloro che partono sia quelli che restano , bensì sulle modalità delle tecniche di ripresa e su alcuni dettagli . Le prime colgono il prologo giovanile , girato in forma amatoriale , telecamera in spalla , all’interno di uno schermo piccolo , quasi quadrato , per poi dilatarlo alle attuali dimensioni super rettangolari del divenire adulti , con abbondanza di modernità panoramiche e di trucchi cromatici . I secondi legano le scansioni temporali alla durata media della vita di un cane , mentre i tumulti di un iniziale capitalismo rampante vengono illustrati con dovizia di attriti estetici : le immense nature spoglie , quasi lunari , contrastano i meandri di villaggi plasticati secondo i colori dei nostri anni sessanta , mentre il grigio dei fumi e delle fabbriche sbiadisce quanto spettralmente resta delle antiche vestigia . Troppo poco , se si voleva illustrare una cesura epocale attraverso le vicende di singoli che si destreggiano tra i tradizionali ravioli al vapore , gli scimmiottati simulacri di una nuova ricchezza , le reciproche afasie di una lingua dimenticata o barattata con l’inglese .
Rimane ( seppur troppo lungamente corteggiata per ansia da prestazione ) la malinconia dell’esistere , che sostituisce le poche gioie con lo spreco di dolori diversamente declinati : nella solitudine atavica della donna rimasta in patria , nell’illibertà esiliata da parte del non più giovane e avido ex marito , nell’accattonaggio della malattia per il rivale sconfitto , nel punto interrogativo distante e nostalgico del figlio giovane . E la malinconia non è data tanto dalla tragicità dei fatti , quanto dalla compiutezza della narrazione , in grado di anticipare senza remissione quello che il futuro riserva ad ognuno , mentre lo si costruisce intenti ed ancora ignari dell’esito , immersi – innocenti o colpevoli – nella speranza e nell’attesa .
AL DI LA’ DELLE MONTAGNE di Jian Zhang-Ke , Cina Francia Giappone 2015 , durata 131 minuti