ECCOMI
Eccoci : dopo Ogni cosa è illuminata sulla ricerca adolescenziale delle radici ( anche se detto così fa un po’ raccoglitore di cicoria ) e l’esplorazione del dolore infantile intorno all’attentato delle Torri Gemelle ( sempre prossimo e già tanto remoto ) l’indubbio talento di Jonathan Safran Foer si cimenta col tema della maturità ancora giovane . Mantiene e riversa gli stimoli precedenti all’interno del ” troppo amore per essere felici ” e del successivo disamore di una coppia con tre figli e molti parenti : lei incerta architetto di involucri vuoti , lui non sempre probabile sceneggiatore di serie televisive , entrambi piuttosto intellettuali – o meglio cerebrali – nelle pretese di pensiero , ma alquanto prosaici nella ripetitiva domesticità degli accudimenti ( l’impegno maggiore della vita familiare è pulire ) .
Riassunto in questo modo , il romanzo si colloca nei paraggi del più riuscito Libertà di Franzen e del complessivamente deludente La trama del matrimonio di Eugenides . Ma la differenza radicale consiste nel fatto che i personaggi di Safran Foer non sono mai tali fino in fondo : lo sono nei dettagli delicati o pungenti , nello struggimento di situazioni quotidiane eppure sempre straordinarie , nei dialoghi spesso quasi metafisici , ai limiti del paradosso fino al nonsense ; ma mai nel cervello , che è quello onnipresente dello scrittore , sì che anche i bambini pensano e si esprimono da universitari consumati a partire dai primissimi passi . Tuttavia , mentre Nabokov non è impedito come romanziere dal suo eccesso di intelligenza , proprio questo eccesso grava su Eccoci , tanto che una citazione sugli ebrei sembra adattarsi perfettamente all’autore stesso : “L’ebraismo punta sull’intelligenza.. tutto è studio , tutto è preparazione…non che gli ebrei siano più intelligenti degli altri… ma puntano sul genere di cose che vengono premiate a Stoccolma . Gli ebrei si allenano per il Nobel da migliaia di anni .”
E Safran Foer si è tanto allenato da volersi superare , trasponendo in forma di romanzo una sorta di testimonianza – saggio sull’arte di farsi delle domande fra le quattro pareti domestiche , mentre la scienza volubile del vivere risponde in modo dissonante con i nudi fatti . Solo che l’equilibrio romanzesco complessivo rimane incerto , a tratti faticoso , mentre tutti misurano le proprie insondabili vicinanze o lontananze da se stessi , dagli altri , dal mondo intero … e da quell’ebraismo che modernamente scolora e nel contempo ancestralmente richiama , attestando anche ( tra una cacca di cane e un Bar Mitzavah ) la progressiva separazione fra gli ebrei israeliani e gli altri ebrei , quando un esemplare terremoto annienta il paese d’elezione ma non di origine , e una grande guerra ( invenzione o preveggenza ?) richiama inutilmente in patria adepti definitivamente occidentalizzati .
Tantissimo materiale , che a tratti appesantisce la struttura narrativa a discapito delle sue luci : dalla vera , secolarizzatissima prova di iniziazione nella gabbia dei leoni ai tanti particolari specifici e al contempo universali , con quel funambolico cortocircuito continuo fra ragione , sentimento e senso che costituisce la caratteristica precipua dell’autore , facendo pensare ad una poetica che tenta continuamente di forzarsi e di andare oltre i suoi limiti , originale come quei disturbi psichiatrici definiti misteriosamente borderline , eppure sempre e comunque trasmissibile e comunicabile .
In bilico fra uno scaltro e sicuramente sentito manuale sulla felicità ( che è sempre così scarsa o ambigua da etichettare la morte come passaggio ad una miglior vita ) Eccomi pesca culturalmente ed emotivamente dappertutto , aprendo e chiudendo continue parentesi spaziotemporali con un virtuosismo degno di studio ; eppure ( personalmente ) non appartiene ai libri che andrebbero riletti in toto per delibarli o comprenderli meglio , bensì ai florilegi antologici di rango , che dovrebbero spigolare tra le parti opache omettendo certi virtuosismi prelevati di peso dal trattato Aguteza y arte de ingenio scritto nel 1648 dal gesuita Baltasar Gracian .
Insomma , se si possiede il talento di “percepire ” e quindi di interrogarsi con efficacia anche sulla vita delle tubature del proprio appartamento , bisogna poi farsi perdonare talune ingegnosità – anche se mai propriamente sconfinanti nella maniera – e troppe interpolazioni : è vero che la vita non è minimale , anzi assomiglia ad un accumulo di ciarpami sia amati che odiati , e quindi anche un romanzo può strutturalmente alternare tanti momenti diversi ( soliloqui , dialoghi , battute , descrizioni fulminanti , invenzioni sopraffine , metadiari , discorsi politici ufficiali , linguaggi di peluche e di fucili , di figli e di padri sia umani che biblici , dubbi irrisolvibili che accomunano il genio e la shampista ) . Però spesso non si comprende se è la mente che diventa troppo sentimentale , o il sentimento che si fa cerebrale . Ad alti o apprezzabili livelli , ma a discapito dei personaggi . E quindi del novel .
Il libro
ECCOMI di Jonathan Safran Foer , Guanda 2016 , 666 pagine , 22 euro
L’autore
Jonathan Safran Foer ( Washington , 1977 ) nasce in una famiglia di origine polacca , sopravvissuta alla Shoah . Dopo la laurea in filosofia a Princeton , comincia a pubblicare racconti su prestigiose riviste , ma è nel 2002 che si affaccia alla ribalta mondiale con Ogni cosa è illuminata , viaggio in Ukraina di un giovane ebreo americano alla ricerca della donna che ha salvato suo nonno dal genocidio ( il libro diventa nel 2005 un film , con la regia di Liev Schreiber e la sceneggiatura dello stesso autore ) . Sempre nel 2005 pubblica Molto forte , incredibilmente vicino , forse il miglior romanzo sull’attentato alle Torri Gemelle , visto con gli occhi di un ragazzino , il cui dolore per la perdita del padre si trasforma in una ricerca iniziatica lungo le strade di New York . Altro omonimo , modesto film nel 2012 , per la regia di Stephen Daldry . La sua penultima opera Se niente importa è invece un saggio sulle sofferenze degli animali negli allevamenti intensivi , da cui la scelta di diventare vegetariano . Divorziato dalla altrettanto celebre scrittrice Nicole Kraus – che raccomandiamo – ha due figli e vive a Brooklyn .
La citazione
“Era un padre per i ragazzi , un figlio per suo padre , un marito per sua moglie , un amico per i suoi amici , ma per chi era se stesso?… quando non era nessuno , era finalmente libero di essere se stesso “.
“Ai genitori non è concesso il lusso di essere ragionevoli , non più che alle persone religiose . Quel che rende le persone religiose e i genitori così assolutamente insopportabili è anche quello che rende la religione e la genitorialità così assolutamente belle : la scommessa o tutto o niente . La fede.”
“Il problema – alla fin fine , alla fine della fine del loro matrimonio – era affrontare la domanda : che cosa rende qualche cosa tuo e non di qualcun altro ? Com’era possibile che la vita fosse arrivata al punto in cui quella domanda era importante? E perchè ci aveva messo tanto ? “
“Mentre li viveva , tutti quegli anni erano sembrati degni di essere vissuti , ma erano bastati pochi mesi dall’altro lato perchè sembrassero una gigantesca perdita di tempo . Di una vita . Il suo cervello aveva un impulso quasi insopprimibile a vedere il peggio in ciò che era fallito . Di vederlo come qualche cosa che era fallito , anzichè come qualche cosa che era riuscito fino a quando non era finito “.