SE DIO VUOLE
Dopo il riconoscimento della superiorità della commedia francese , estensibile anche alla letteratura del momento , ecco finalmente un prodotto italiano che non ha nulla da invidiare alla cinematografia gallica per originalità , grazia , ritmo . E pensare che l’argomento era sia delicato che difficile , trattando di laicità e di fede in un periodo di contrapposizioni nette od equivoche , con religioni che si fanno sia minacciose che minacciate , e fedeli che diventano o fanatici o simpatizzanti , ognuno aggiustandosi le regole di Dio e degli uomini a propria convinzione e convenienza . Mentre gli atei e gli agnostici non sanno bene che pesci pigliare , e Jurgen Habermas – Verbalizzare il sacro – tenta di salvare capra e cavoli auspicando il dialogo tra la rigorosa laicità della sfera istituzionale e la libertà del dibattito pubblico , in cui le varie comunità sono autorizzate ad usare il linguaggio distintivo del proprio credo .
Siamo nell’eterna Roma contraddittoriamente centrata intorno all’ombelico della presenza vaticana , eppure nulla di quella dialettalità universale e corriva , categoria imperversante del lazzo e del sollazzo , prevarica o imbonisce la storia , risparmiando allo spettatore il macchiettismo più o meno truce con cui si risolvono tante nostre pellicole . In un attico affacciato su Castel Sant’Angelo vive il cardiochirurgo interpretato da Marco Giallini , che compie ogni giorno il miracolo secolare di salvare le vite altrui annullando quelle che gli sono vicine , sia familiarmente che professionalmente . La sua superiorità arrogante si infrange un giorno sulla confessione del figlio che , invece di dichiararsi gay , annuncia di voler lasciare le orme paterne per abbracciare l’anacronistica professione di pastore d’anime . Parte così una macchinosa crociata di dissuasione che contrappone la scienza del medico alla religiosità pragmatica dell’ex peccatore don Pietro – Alessandro Gassman – sospetto fautore della conversione del rampollo . E il percorso dei reciproci inganni prende quota , snodandosi in un gioco di spunti e contrappunti che ha il pregio di compenetrare con disinvoltura la precisione geometrica con la fallibilità umana .
Sembra di stare nel nostro cinema di un tempo : non ci sono citazioni esplicite , ma il recupero di un humus felice che si avvale di un’idea interessante , di un copione dello stesso regista ad evitare divaricazioni tra il testo scritto e la sua realizzazione per immagini , di un meccanismo ben amalgamato tra personaggi , situazioni e dialoghi , e di un elegante dosaggio di suspense , ilarità e commozione . Si sorride sia in base al principio di prevedibilità che di sorpresa e si pensa con semplicità alla complessità del tema , calata dalle nuvole in cielo a beneficio delle persone in terra . Attualità , psicologie , accadimenti rimangono in equilibrio senza cadere mai nella pur comprensibile tentazione di cavalcare la trovata o di alzare i toni , mescolando i generi lungo una storia che corre serrata in un compatto stato di gradevolezza . Gli attori principali sono bravi ed affiatati come devono esserlo due nemici -amici -complici che si rispettino , e le figure al contorno li assecondano con garbo . C’è a tratti qualche acerbità nel brusco virare dei caratteri individuali , ma questo avviene a beneficio delle cadenze e delle scansioni , a loro volta musicalmente armonizzate grazie a un’appropriata colonna sonora , che abbraccia Gigi D’Alessio e Francesco De Gregori . Trionfa una naturalezza corale in cui conduzione , recitazione , montaggio e scenografia si pongono con un encomiabile gioco di squadra al servizio della narrazione , mantenendone l’intensità in modo sommesso e continuativo .
Certo , tutto quanto sin qui espresso potrebbe risolversi criticamente anche nel suo contrario e i pregi diventare difetti per un eccesso di aspettativa o per un malinteso snobismo da confronto . Però Falcone si chiama appunto Falcone e non Risi , Monicelli o Scola , e come dichiarato epigono dei giorni nostri non sfigura affatto . Perchè se vale il paragone retroattivo , deve valere anche quello contemporaneo , che porta ad accontentarsi più che volentieri di una cifra che ha il pregio di interpretare i luoghi comuni della modernità facendosi a sua volta luogo comune . Ma in modo spettacolarmente intelligente , basti pensare all’umanissimo finale – newtoniano e mistico – intorno alla caducità simbolica della pera matura , che risolve nell’intenerimento della partecipazione un tema non semplice e ben orchestrato dall’inizio alla fine . Bizzarramente ricordandoci Metà della vita , una poesia di Holderlin , tanto per continuare lo svago di contaminare sacro e profano .
SE DIO VUOLE di Edoardo Falcone , Italia 2015 , durata 87 minuti