CONFITEOR
Preambolo personale
Il materiale è così prepotente da costringermi ad adottare per Il regno di Carrère lo schema espositivo fin qui utilizzato solo per Sottomissione di Houellebecq . Libri diversissimi eppure apparentabili per il prestigio unanimemente riconosciuto degli autori , la forma narrativa a cavallo tra il romanzo e il saggio , l’occidentalità della tematica , lo spessore della dottrina , la presenza di un solo personaggio come crocevia di esperienze , riflessioni e citazioni , in entrambi i casi espresse con un linguaggio conforme alla familiarità del quotidiano . Con la differenza che Houellebecq ha un maggior senso della misura e sa quando è il momento di salutare , mentre Carrère ci costringe ad inghiottire sul pianerottolo le ultime centocinquanta pagine . Poi ci sono le preferenze soggettive e soprattutto il fatto che l’autore tratta di fede cristiana , elemento spinale e spinoso che chiama obbligatoriamente in causa i credenti , gli agnostici e gli atei come portatori di una religiosità accolta o negata ma sempre ancestralmente comune , anche se un’immagine personale mi ha accompagnato per tutta la durata del libro : una irreale Rio de Janeiro al tramonto , durante una partita di calcio giocata sulla sabbia . Quel pallone al piede , tenuto a lungo , e continuamente aggiustato in corsa secondo una traiettoria più individuale che di squadra , mi ha richiamato il concetto odierno di fede , sempre meno osservante del dettato canonico , e sempre più arrangiata secondo un artigianale fai da te che modifica le regole per ricondurle ai bisogni personali , consapevoli solo della prima – e unica – catechesi . Nel senso che ci muoviamo da fermi dentro una fast religio da bambini .
Preambolo storico letterario
Il regno è un libro dottrinalmente molto ambizioso , eppure con il grande merito di eludere tutte le gelide pieghe dei panneggi teologici , per concentrarsi su una personalissima esegesi del Nuovo Testamento , condotta secondo i criteri di un’ investigazione moderna che si addensa attorno a tratti psicologici e scenografici in qualche modo rievocativi delle ambientazioni pasoliniane . Domina la figura dell’evangelista Luca , a sua volta autore degli Atti degli Apostoli , nonchè testimone della predicazione di Paolo e dell’estensione delle sue famose epistole , alcune di emanazione diretta , altre probabilmente scritte dopo la sua morte . Mentre quelle cosiddette cattoliche di Pietro di Giacomo e di Giuda fanno da contorno al Vangelo , alle tre lettere e all’Apocalisse di Giovanni . Sono gli anni 40 – 70 dopo la morte di Cristo , ma nessuno è ovviamente cosciente della nuova datazione . Gli storici dell’epoca sono spulciati alla virgola , Nerone imperversa , la legislazione romana distingue nettamente la politica da qualsiasi convinzione trascendente , molti ebrei periferici si lasciano facilmente convertire . Non dominano tanto i miracoli quanto la sovversione di ogni primordiale istinto umano : ama il prossimo tuo , gli ultimi saranno i primi ..mentre il mistero della resurrezione diventa un credo quia absurdum perchè la vera meta di tutti è il regno che li accoglierà dopo l’ imminente fine del mondo . Carrère , testi alla mano , confronta , ipotizza , ricostruisce , immagina , riempie i vuoti , ma , soprattutto , ne apprezza la tecnica narrativa e a sua volta ci racconta sopra ; nel contempo prova una profonda empatia per quella sparuta setta di predicatori dalle suole di vento che , diffondendo la parola di un Cristo sempre profilato di sbieco , porterà alla più sorprendente e duratura rivoluzione del mondo moderno .
Il protagonista
Il protagonista è l’autore medesimo che con un coraggio addirittura superiore all’esibizionismo più narcisistico si chiama direttamente in causa come fulcro della rappresentazione , forte della frase dello storico del cristianesimo Ernest Renan : “la miglior posizione per scrivere la storia di una religione è di averci creduto e di non crederci più” . Carrère risale indietro nel proprio tempo , ricorda la fondamentale presenza della defunta madrina e quella di un amico citato per nome e cognome . Poi la gravissima depressione , il ricorso alla chiesa , la voluttà quasi maniacale nel seguirne i precetti , l’acribia di migliaia di pagine in cui annota le considerazioni private e quelle professionali che derivano dallo studio compulsivo dei testi e dei loro commentatori . Lo ristabilimento nervoso infine si compie , la vita secolare si riempie di soddisfazioni , la folgorazione sulla strada di Damasco si stempera fino al ritorno di un affettuoso , quasi bonario agnosticismo . Rimangono le vecchie e nuove domande , gli appunti vengono recuperati e riletti , sette anni di felice scrittura trovano il loro compimento , passando attraverso le maglie ora larghe ora strette della documentazione e dell’immaginazione .
Il contesto
Il contesto affascinante è quello mediterraneo delle città e dei paesi dell’epoca , popolati da un presepio azzurro soleggiato da personaggi colti nella prosaicità delle loro azioni e nella complessità dei loro caratteri , mentre i ragionamenti dell’autore inseguono e intrecciano le testimonianze dell’epoca . E’ un affresco denso di poesia e di colore , continuamente in bilico fra sperdimenti remoti e affondi espliciti o sotterranei , intrecciati alla vita di uno scrittore che si analizza , si interroga , si confessa e si sputtana anche umilmente con voluttuosa impudicizia . Al formicolare delle epoche trascorse corrisponde il via vai contemporaneo , a sua volta denso di presenze che fungono da catalizzatori di un itinerario che sembra non avere fine e che riecheggia i viandanti di un tempo , uno per tutti la vecchia baby sitter hippy murata dentro un incubo alla Philip Dick , altro problematico convertito . Insomma , Carrère non butta via niente , assapora tutto , ma riesce a farlo in un modo quasi irresistibile , ponendosi gli stessi quesiti fondamentali che tutti si porrebbero , se solo sapessero farlo .
La tecnica
L’autore tratta sia l’alto che il basso con la stessa intrigata partecipazione e si avvale di un linguaggio da tutti i giorni conchiuso in frasi brevi fitte di espressioni gergali che danno il senso dell’immediatezza colloquiale , spesso ironica , anche quando si dilunga attanagliato da una sorta di horror vacui . Le analogie si susseguono conferendo alla Storia i tratti della contemporaneità senza imbonimenti stridenti , sul filo di un ragionare continuo : Gesù e Giovanni sono come Wood e de Niro in C’era una volta l’America , la politica dei romani ricorda quella della Apple o della Coca Cola , chi si dichiara impolitico è perchè non vuole confessarsi di destra e via elencando , mentre gli autori più eterogenei vengono citati ad ogni opportuna occasione , da Seneca a Tolstoj , da Marziale a Giovenale , da Poe a Yourcenar , da Kipling a Buzzati..Insomma , un intellettuale impegnato in uno sforzo titanico che riesce ad essere leggero , penetrante e al tempo stesso miracolosamente divulgativo grazie anche all’orchestrazione perfetta degli squarci temporali che si inanellano con accortezza drammaturgica , nonostante la ponderosità del tema e la pienezza dei dettagli . Probabilmente in virtù di un consumato mestiere dell’intrattenimento , della cogenza personale di un argomento vissuto sulla pelle e soprattutto dell’audacia convincente di assumersi a testimone di se stesso , fino quasi ad onorare il senso etimologico di martirio .
Considerazioni
Il regno cerca di soddisfare una richiesta di identità all’interno dell’improbabilità di un credo e alla sua speculare adesione individuale . E’ il racconto della personale lacerazione di una natura avvinghiata ad una parentesi storica che ha marcato una discontinuità epocale . Tocca le corde dell’eterna non rassegnazione alla dolorosa mancanza di senso della finitezza umana , eppure esprime un traguardo di compiutezza , come se nulla fosse inutile o capitasse per caso . Si parla sempre di vita e di uomini , senza distinguo manichei , perchè per l’autore il regno promesso sembra potersi avverare qui e ora ,attraverso le opere che premiano più i soggetti che i destinatari . Eccentrico e al tempo stesso razionalmente convincente , fonda sul continuo raccordo tra attualità e inattualità una opposizione in filigrana alla inconsapevolezza di tempi intrisi di egoismi precostituiti . Attraverso lo scandalo * di un rovesciamento dei parametri ancestrali del vivere , Carrère segna un punto di sforzo più saggio che speranzoso . La continua dialettica tra storia collettiva e storia individuale risponde a domande elementari corredate dalla non ingenuità dei saperi accumulati . Corteggia inoltre sino allo sfinimento il paradosso dell’inconoscibilità del sè da parte dell’io e l’imperscrutabilità dell’irrazionale attraverso la logica aristotelica di causa – effetto di cui ancora oggi impropriamente ci avvaliamo per sondare l’inconoscibile . Umano molto umano e mai arreso , abbraccia in un solo colpo qualsiasi lettore grazie ad un’avventurosità affascinante e comunque condivisibile , intrisa di sdoppiamenti psicanalitici e voyeuristici come di esotismi temporali e geografici . Difficile trovare in letteratura degli esempi analoghi , al di là dei tanti influssi citati . Il continuo trapasso dalla verità ad una immaginazione che cerca ulteriormente di completarla affonda le sue radici nel cartesianesimo precedente i Lumi , e nel contempo non trascura il romanticismo delle grandi epopee di viaggio e di ritorno , che si tratti di Itaca come della propria individualità . Esige una o più riletture , in modo da riprenderne gli aspetti preferenziali come se fosse un commovente breviario secolare o religioso , potendo in coscienza spigolare qua e là senza comprometterne la struttura o diminuirne la portata.
*etimologicamente ciottolo , che riconduce all’ecclesiale pietra fondante
IL REGNO di Emmanuel Carrère , Adelphi 2015 , 428 pagine , 22 euro