SI E’ FATTO TARDI
In principio c’è il fiume Hudson , che nasce dalla poesia di un lago chiamato Lacrima delle nuvole , e poi si concede un momento epico all’estuario , rendendo impervi alcuni tratti del porto di New York . Lì , proprio sulla riva estrema , c’è una bella casa , immaginata per il conforto delle generazioni presenti e a venire . Dentro vive una coppia – lui architetto , lei enigmatica – con due figlie piccole ; poi un pony , un cane , in seguito un coniglio . Intorno , tutto quello che la natura e l’uomo possono fare per rendere leggeri i giorni e appagati gli ospiti permanenti e avventizi . I grandi quadri delle stagioni si susseguono , i protagonisti si riscaldano al fuoco dei camini o si abbandonano alla densità quasi dolente delle estati , i pochi amici si raccolgono attorno a tavole informalmente accattivanti , mentre brandelli di conversazioni fluttuano distrattamente tra i riverberi dei bicchieri e l’accumulo di oggetti scelti con cura . La simbiosi fra la cornice e il disegno protegge le persone , le compenetra di un benessere fiducioso che non sembra chiedere altro , mentre la vita , come il fiume , scorre fuori , lungo parallele che non si incontrano . Anche la sofferenza rimane altrove , i travagli inevitabili ridotti a brevi increspature di pienezze ripetitive . Intanto le ragazze crescono , gli interrogativi di senso cominciano ad appannare i vecchi vetri , qualche sodale lascia il gruppo : lo spontaneo snobismo ludico e mondano di una perfetta costruzione elitaria inizia ad allineare anche la morte a quegli stessi elementi che hanno contribuito alla vita . Restano abbandonati i vecchi saperi interconnessi ( l’ architettura unita alla zoologia e alla mitologia persiana , le ricette per la lepre , la conoscenza dei pittori , dei musei , dei fiumi dell’entroterra pieni di trote ) che l’improvviso precipitare di un tempo sospeso provvede a svuotare , insieme alla cancellazione di voci e di stanze a lungo accudite come custodie di amuleti …Poi le parallele deragliano , confondono le spaziature, i fermo immagine escono dall’incanto , prendono altre strade , i progetti alternativi esitano , si intestardiscono , cedono fino a diluirsi in un lungo addio .
I metafisici pesi degli animi all’inizio non sono assenti , solo volontariamenti mimetizzati , e con loro le vicende di carne dei personaggi . Cè una trama , ma il paradosso è che si dipana come se non ci fosse , perchè il fulcro del romanzo sono gli istanti iterativi concepiti come attimi di un eterno presente , immuni dalle circostanze e appena vagamente presaghi di quella anticipata nostalgia del futuro che riesce a dare coscienza sia del passato come del momento . Al centro , il piacere testimoniale di una malinconia quasi prossima alla gioia , ed una signorilità testamentaria che ha il sapore sia del rimpianto come del lascito , riassumibile nel dono di un’eleganza che non saprà tornare ai privilegi di esistenze concepite come un succedaneo nobile dell’arte .
Ambientato in un’epoca mai sottolineata che ricalca quella della giovinezza e della maturità di un autore oggi novantenne , Una perfetta felicità ( Light years , 1975 ) si avvicenda , in modo più appagante , a Tutto quel che è la vita ( All that life , 2013 ) secondo un criterio editoriale confutabile sia nella tempistica che nel cambiamento del titolo . Scelta ruffiana per tempi avidi di una tranquillità sazia che sembra scomparsa , e che potrebbe fare della traduzione la promessa di un plot per anime sognanti , benchè inconsapevolmente deprivate degli strumenti del sogno . Qui tutti i prìncipi , le principesse e i rospi sono trasfusi dalla qualità dell’invenzione e della scrittura , che porta Salter ad apparentarsi con consapevolezza ad Henry James , uno degli autori più affascinanti ed esclusivi della letteratura tardo ottocentesca . Jamesiana è la scelta di un preciso punto di vista che in questo caso coincide con quello dell’autore , a sua volta identificato con le emanazioni dei personaggi . Jamesiana la fede pressochè assoluta nel potere evocativo della parola in sè , che di frequente assume evidenze pittoriche o fotografiche , lungo la ricerca esasperata del termine più consono e dell’alone impressionistico più adatto ad esaltarlo . Jamesiana la sintassi elaborata , anche se qui modernamente infranta nell’unità di tempo e di luogo , con interpolazioni continue e abbreviate di colloqui , situazioni , territori . Jamesiano , soprattutto , il respiro lento di un’ambientazione cesellata in ogni dettaglio scenografico, mentre qualsiasi attività lavorativa è un cascame bizzarro o opportunistico , e un cosmopolitismo languido torna a far sognare da lontano l’archetipo dell’Europa. Continente non solo fondante , ma anche innesco della presa di coscienza di alcuni protagonisti , gravato dall’ambivalenza retorica del sacro recinto in cui richiudersi e del luogo libertario dove affrancarsi , anche a costo di un’evasione instabile di precarietà o di dolore . Jamesiano , infine , il contrasto tra l’ingenua presunzione di indirizzare le proprie vite e la disillusione nel riconoscersi divinità spodestate da un tempo che non si cura delle ore , ma colpisce sapendo attendere .Tutta salteriana , invece , la risoluzione ellittica dei rapporti interpersonali e la timbrica di un estetismo autoreferenziale come una lunga preghiera autobiografica , che non ha più niente da chiedere per eccesso di beffardo esaudimento . Dono e punizione di un’esistenza lunga , testimone di altre stagioni , di riflessioni rese inconfutabili dall’esame dei destini propri e altrui , e dalla capacità di ilustrarli con risultati ormai qualitativamente rari , in emozionante equilibrio fra tradizione e modernità , mentre tutte le domande senza risposta si arrestano intorno ad una vecchissima tartaruga che vive solo per continuare a vivere .
Il libro
UNA PERFETTA FELICITA’ di James Salter , Guanda 2015 , 372 pagine , 18 , 50 euro
L’autore
James Horowitz – New York ,1925 – prima di diventare scrittore frequenta l’Accademia di West Point e dal 1945 , per 12 anni , presta servizio nell’Air Force . Dopo la pubblicazione del suo primo libro sulla guerra di Corea ( The Hunter- 1925 ) si congeda dall’esercito per dedicarsi alla scrittura mutando il suo cognome in Salter . Autore di una ventina di opere tra romanzi , racconti , memorie e sceneggiature , si connota come un grande classico oltre il proprio tempo .
La citazione
“E lui legge per loro , come ogni sera , come se le annaffiasse , come se smuovesse la terra intorno ai loro piedi….Vuole che le sue bambine abbiano una vita antica e una vita moderna , una vita che sia indivisibile da tutte le vite passate , che da esse cresca , le superi , e un’altra che sia originale , pura e libera , che sia al di là del pregiudizio che ci protegge , dalla consuetudine che ci plasma . Vuole che conoscano sia la degradazione sia la santità , l’una senza umiliazione , l’altra senza ignoranza”.
Le connessioni arbitrarie ( e virtuose)
Per la tematica della casa : Gita al faro di Virginia Woolf ; Casa Howard di E . M Forster ; La casa della vita di Mario Praz ; La casa rossa di Mark Haddon ; Quella sera dorata , Il weekend di Peter Cameron
Per le modalità della scrittura : tutti i romanzi e i racconti di Henry James
Per il tema del tempo : Marcel Proust